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domenica 12 maggio 2013

Cuore cavo


Viola Di Grado ha presentato il suo nuovo libro presso le Librerie Feltrinelli e ovviamente mi ci sono fiondata, incuriosita non soltanto dalla copertina e dal titolo di questa nuova uscita, ma anche dalla storia che l'autrice di Settanta acrilico trenta lana aveva deciso di raccontare. Marta Perego e Chicca Gagliardo commentando il libro conducono la chiacchierata tutta al femminile, con tanto di tazze da tè e teiera alla mano. Viola indossa una buffa molletta a forma di ragno che le ferma i capelli, ha un'espressione tesa e risponde in modo lineare e fermo alle domande che le vengono rivolte. Parliamo subito del libro perché, nonostante tutto, credo che sia la cosa più importante nell'incontro con un autore. Al di là del confronto con quello precedente, delle fatiche vissute nel redigerlo, di quanta sia la componente autobiografica in esso, il libro è il libro. E contiene quello che l'autrice ha scelto di raccontare, di condividere con il suo pubblico. Punto. Lasciamo parlare la storia dunque.
Dorotea Giglio è una giovane donna di venticinque anni, con capelli e occhi castani, che una mattina di luglio decide di uccidersi nella vasca da bagno di casa sua. Inizio forte, icastico, inquietante. Eppure la morte di Dorotea è l'inizio e non la fine, come noi umani siamo abituati a concepirla. È il punto di partenza per pensare il nostro corpo, le modalità comunicative, le relazioni tra le persone, i sentimenti in modo del tutto nuovo. Dorotea racconta il suo corpo che si decompone, gli animaletti che cominciano ad abitarlo e in questo suo nuovo stato di morta che vive talvolta più autenticamente dei vivi, riflette e rielabora aspetti della sua vita che forse non aveva mai osservato e compreso così compiutamente: dal rapporto con sua madre, all'assenza di suo padre, all'innamoramento per un ragazzo che forse non l'ha mai amata. Dorotea Giglio è, prima e dopo il 23 luglio 2011, se stessa. Che la morte possa essere un'occasione, un trampolino di lancio, una scusa per costringerci a riflettere su quello che abbiamo da vivi e che è così prezioso, non sta a me dirlo. Certamente nel nostro Paese, oggi, la morte è ancora un tabù. E Viola Di Grado lo affronta con decisione e potenza, scegliendo con cura ogni singolo vocabolo del suo romanzo. E al di là che sia autobiografico, dettato da paure nascoste, più o meno maturo di Settanta acrilico trenta lana, è certamente un bel libro, raccontato da una vera scrittrice.

 

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