La capacità narrativa di Andrea Camilleri è senza dubbio incantevole. Nonostante io abbia già letto e imparato a conoscere bene molto di ciò che ha scritto, riesce sempre a sorprendermi con il suo inarrivabile modo di far vedere i personaggi, le scene del romanzo come se fossero proprio davanti a noi, in un teatro. Non si tratta soltanto della sua esperienza di sceneggiatore, c'è di più. C'è la capacità di far vivere i personaggi, di far acquisire loro spessore sulla carta, di farli essere vivi, in carne, ossa, sensazioni, odori, pensieri, idee, ricordi. Il personaggio è un universo intero a cui il lettore si accosta e che il narratore scava a fondo, senza pietà. Così accade con Arianna, meravigliosa rappresentazione mediterranea della donna che è ciò che è, in ogni piccolo pezzetto del suo essere, grazie a tutte le esperienze che ha vissuto. Ogni singolo episodio, soprattutto i più terribili, contribuiscono a renderla fragile e forte insieme, debole e paurosa, indipendente eppure così legata a suo marito, Giulio. Una donna insomma, con tutti gli infiniti universi che questa parola prova a contenere. Camilleri li fa esplodere e come un attento osservatore silenzioso rimane a guardare quello che accade mentre tutto, forse va in frantumi. Già, forse, perché probabilmente era prevedibile che un gioco d'amore come quello che Giulio e Arianna hanno machiavellicamente progettato non potesse funzionare per sempre in modo perfetto. Era prevedibile che qualcosa sfuggisse al loro controllo. Forse.
Con questo nuovo romanzo impregnato della calura estiva che solo in Sicilia possiamo davvero respirare, Camilleri ci interroga (a modo suo, cioè con nessuna domanda e una storia che dice tutto quanto) sulla possibilità di un amore fatto solo di purezza e sentimenti e un altro solo di carnalità e fisicità. Come se questi aspetti si potessero provare a dividere nettamente per vedere cosa succederebbe allora. Cosa potrebbe accadere se l'amore per qualcuno fosse forte, deciso, intenso oltre ogni ragionevole dubbio ma non potesse trovare un soddisfacimento fisico. E viceversa se questa pulsione sessuale possa essere relegata a un pomeriggio settimanale, ogni volta con un compagno diverso. Dove comincia l'eros, quali confini ha? E soprattutto, al di là di questo, quanto ciò che siamo condiziona in modo inequivocabile la nostra relazione (di qualsiasi tipo essa sia) con l'altro?
Sono suggestioni che lascio a chi legge, che saprà trarre certamente le sue conclusioni.
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