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sabato 21 luglio 2012

La biblioteca è l’arena in cui ogni giorno si rinnova la lotta omerica fra i libri e i lettori

 
Se la voce narrante è quella di una puntigliosa e quasi manicale addetta al settore "geografia" di una piccola biblioteca pubblica, se il suo modo di guardare il mondo viene filtrato dalla luminosa traccia che ogni libro lascia dentro di noi, se un racconto si configura come un lungo, esilarante monologo allora il risultato è un piacevole libro da gustare ovunque. Non occorre infatti trovarsi all'interno di una biblioteca, sono adatti anche autobus o metro, le panchine del parco o il divano di casa. Tanto il mondo delle biblioteche si scoperchierà come un vaso di Pandora, dal quale non è ancora del tutto chiaro cosa possa uscir fuori. Ecco, l'invito è quello a farsi travolgere dalla simpatia della protagonista, dalla sua mal celata cultura enciclopedica, dalle sue fragilità di donna abbandonata dal suo amore, dalle parole pungenti e dallo stile francesissimo di Sophy Divry, promettente autrice trentenne alla sua prima prova. Non si rimarrà delusi e certamente si entrerà in una biblioteca con occhi diversi.
(La traduzione del romanzo è a cura di Giusi Barbiani)
«La custode di libri è un autentico gioiello. Un monologo ironico, divertente, colto, sul piacere di stare con i libri e tra i libri. Sophie Divry ha talento, stile, intuizione, sa come maneggiare gli aggettivi… lascerà il segno, vedrete, nella letteratura».
Darwin Pastorin su "Gli Altri".

lunedì 16 luglio 2012

Se vuoi tenere qualcuno veramente separato dal resto del mondo, non c'è muro più alto del mare

Più alto del mare

Se dovessi sintetizzare la trama di questo romanzo direi che si tratta dell'incontro tra due persone, un uomo e una donna, su un'isola. Certo, l'ambientazione è del tutto particolare, un'isola su cui si trova un carcere. Certo la coppia non è qualunque, parliamo rispettivamente del padre e della moglie di due detenuti del carcere di massima sicurezza. Ciò che mi piace di questo romanzo però è il sapore salmastro dell'acqua che rimane sulle labbra dopo averlo letto d'un fiato, come quando un'onda ti trascina sott'acqua. Riemergi in un attimo ma l'acqua del mare impiega del tempo prima di liberare completamente occhi, naso, bocca. 
Credo che l'acqua sia la reale protagonista della narrazione. Quella che sgorga come "liquido organico" quando Emilia piange al modo di un diluvio divino. Diventa simbolo della presenza di un figlio incarcerato, bevuta fino all'ultimo goccio dai genitori in visita. Le parole confidate sembrano assorbite come acqua che scompare ma continua a esistere, proprio come fa la terra con la pioggia. Se dunque su quell'isola sembra non essere arrivato nulla del mondo che la circonda, certamente è presente qualcosa di essenziale, la parola appunto, che rimane incagliata tra i flutti sugli scogli, come il sale dopo che l'onda piano piano si ritira.

mercoledì 11 luglio 2012

Comincia con la neve, la storia che parla di te

 
Certe storie hanno già un inizio preciso, come se non si potesse partire a raccontarle da altri punti. In questo caso Julie Myerson fa vivere la sua protagonista in una continua altalena di ricordi, immagini, musiche del passato e del presente. La sua storia comincia intrecciandosi profondamente con un suo amore di gioventù che per qualche motivo continua a esserci per lei, come se fosse presente. La storia non può che partire da loro due, giovani, belli, innamorati. Ma prosegue in modo insolito e mantiene il lettore con il fiato sospeso fino all'ultima riga. Forse ci si immedesima nella vicenda perché a tutti noi è capitato di avere qualcuno accanto con cui abbiamo pensato saremmo rimasti per sempre, forse perché la scrittura di Julie Meyerson è tagliente ma indissolubilmente autentica e cristallina. Forse perché il "te" del titolo può essere riferito all'amore di gioventù o, perché no, al lettore stesso, a ciascuno di noi.

Maggiori informazioni sul libro e l'autrice su: 
http://www.einaudi.it/libri/libro/julie-myerson/storia-di-te/978880618709

I falò dell'autunno: purificano la terra e la preparano per nuove semine

L'eccezionale capacità di raccontare di Irène Némirovsky è nota ormai a tutti. Dopo lo straordinario successo editoriale della Suite francese (Adelphi 2005) infatti il pubblico italiano ha imparato ad apprezzare lo stile ottocentesco della scrittrice, che ci ricorda i racconti francesi di quell'epoca. I falò d'autunno è l'ultima pubblicazione Adelphi, uscita nella primavera di quest'anno. La storia è ben scandita in tre periodi cronologici: 1912-18, 1920-36, 1936-41. Non si tratta soltanto di una strutturazione in capitoli ma di un tempo, di un'epoca storica che scandisce imperturbabile le vite dei protagonisti. In particolare quella di Thérèse, meravigliosa e forte figura femminile che si staglia tra le pagine come il punto fermo attorno al quale ruota tutto: le guerre, i problemi economici, i tradimenti del marito, i figli, la miseria. Un personaggio vero, autenticamente capace di vivere sentimenti contrastanti quali l'odio e l'amore, la fatica ma anche la pazienza, la sopportazione, la speranza per un futuro diverso. Ed è proprio Thérèse il segno di speranza più forte che l'autrice lascia al lettore: senza arrendersi è sempre possibile ricominciare, riprendere in mano la propria vita ed essere felici nonostante tutto.

lunedì 2 luglio 2012

Se la somma di due solitudini può creare un'esplosione di vita


 Il Mio inverno a Zerolandia
Quando hai diciassette anni la vita può essere difficile, certamente se vivi la perdita della persona più importante della tua vita lo diventa ancora di più. Alessandra ha proprio diciassette anni e deve fare i conti con un dolore immenso che si staglia davanti a lei. Rimasta sola con la nonna deve tornare a scuola, si sa che la vita va avanti. Alessandra rifiuta il contatto con tutte le sue amiche, con tutti i compagni di scuola tranne che con Zero. Il suo vero nome è Gabriele ma al liceo i soprannomi contano più dei nomi e dicono qualcosa di te che, anche se piccolo, finisce per identificare tutto te stesso. Zero non parla, sembra impermeabile al mondo, nella classe non conta nulla. Ma Alessandra scalfisce piano piano il velo di ghiaccio che lo ricopre e scopre il dolore che sta vivendo nella sua vita. La somma di due solitudini cosa crea? Paola Predicatori ce la racconta come un'esplosione di vita. Perché sentirsi soli in due a volte è più facile. Tra le pagine che scorrono piacevoli e, seppur incredibilmente crude come la realtà, colme della speranza che la giovinezza non può che far trasparire, compaiono piccoli ritratti della madre, momenti di quotidiana felicità di cui si apprezza pienamente il valore solo una volta che li si è perduti. Una scrittura corposa, autentica, frizzante e una storia briosa come la neve che cade e ricopre tutto ma si scioglie grazie ai raggi caldi e pazienti del sole.