Se dovessi sintetizzare la trama di questo romanzo direi che si tratta dell'incontro tra due persone, un uomo e una donna, su un'isola. Certo, l'ambientazione è del tutto particolare, un'isola su cui si trova un carcere. Certo la coppia non è qualunque, parliamo rispettivamente del padre e della moglie di due detenuti del carcere di massima sicurezza. Ciò che mi piace di questo romanzo però è il sapore salmastro dell'acqua che rimane sulle labbra dopo averlo letto d'un fiato, come quando un'onda ti trascina sott'acqua. Riemergi in un attimo ma l'acqua del mare impiega del tempo prima di liberare completamente occhi, naso, bocca.
Credo che l'acqua sia la reale protagonista della narrazione. Quella che sgorga come "liquido organico" quando Emilia piange al modo di un diluvio divino. Diventa simbolo della presenza di un figlio incarcerato, bevuta fino all'ultimo goccio dai genitori in visita. Le parole confidate sembrano assorbite come acqua che scompare ma continua a esistere, proprio come fa la terra con la pioggia. Se dunque su quell'isola sembra non essere arrivato nulla del mondo che la circonda, certamente è presente qualcosa di essenziale, la parola appunto, che rimane incagliata tra i flutti sugli scogli, come il sale dopo che l'onda piano piano si ritira.
Nessun commento:
Posta un commento