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mercoledì 24 aprile 2013

Lontano da ogni cosa


L'amicizia è stata al centro di moltissimi romanzi, racconti, opere letterarie di qualsivoglia genere. Quando poi essa assume la forma stretta e insieme elastica di una molla, contorta e insieme capace di riavvicinare di colpo dopo anni di lontananza, bé forse meriterebbe di essere citata con un nome creato ad hoc. In questo periodo però i nomi non sono il mio forte (mannaggia!) perciò lasceremo l'arduo compito ai linguisti, noi proveremo a soffermarci per un attimo sul libro di cui vogliamo parlare oggi. Lontano da ogni cosa pone al centro delle sue 270 pagine proprio l'amicizia tra Alberto e Stefano, coinquilini, compagni di università: non potrebbero essere più diversi l'uno dall'altro. Fin qui nulla di nuovo, direte voi. Eppure, come ormai avrete intuito, qualcosa di speciale c'è in questo libro. E non si tratta solamente di una scrittura decisa, netta, capace di emozionare e al contempo di descrivere limpidamente le emozioni e i rapporti tra le persone (che tutto sono fuorché cristallini). Mattia Signorini scrive bene, e probabilmente neppure questa è una novità per chi già da tempo aveva scoperto il suo modo di narrare. Ma c'è molto di più in questo romanzo. C'è il desiderio di due giovani di trovare la propria strada, di capire dove vogliono e desiderano andare, quale cammino stanno percorrendo. C'è il confine quanto mai labile tra l'arte e il mondo degli artisti, tra la fama e la folle convinzione di bastare a se stessi, tra il possesso di una donna e l'amore, tra le vie, i sentieri contorti della vita e le scorciatoie luminescenti. Eppure in mezzo a tutte queste dicotomie che fanno a pugni e vanno a braccetto (a seconda dei momenti) c'è un punto fermo: l'amicizia, l'affetto, il legame autentico tra Alberto e Stefano. Al di là di tutto e di tutti (di tutte, forse) questo faro illumina la strada dei due protagonisti e in qualche modo indirizza le loro esistenze. Allora eccolo qui il miracolo di Mattia Signorini, la capacità, la voglia di rappresentare i giovani per quello che sono senza giudicarli, senza etichettarli, senza condannare il loro sentirsi sperduti in un mondo caotico e confuso. E per fare questo certo, è utile essere giovani, ma bisogna anche avere il coraggio di raccontare, nel senso più pieno e magico che questo termine può assumere.

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