
Quello del Premio Strega è un vero e proprio clima. Al di là dell'afa estiva infatti, per alcuni giorni si respira un'aria di attesa e di curiosità. E certamente vale il celeberrimo "bene o male purché se ne parli". Fin qui, tutto liscio come l'olio. Veniamo dunque al romanzo di Matteo Marchesini, candidato appunto al Premio Strega.
Il protagonista, Marco, è un trentenne colto che vive scrivendo (o scrive vivendo) in una strana dimensione di sospensione, tra un passato che percepisce come lontano (e in parte ha del tutto rimosso) e un presente soffocante, privo di qualsiasi stimolo vitale. Il ritorno del suo grande amore Lucia, però, ribalta ogni prospettiva spazio-temporale: gli anni passati si assottigliano e il presente si rafforza con il suo carico di angosce e urgenze. Al contempo il passato diventa pungentemente vivo e rilevante, diventa presente, in tutto e per tutto. Allora ci sono verità che non possono più essere ignorate, che si stagliano sull'orizzonte del futuro come pietre miliari, indispensabili per farci essere compiutamente quello che siamo, oggi.
Con una scrittura delicata e insieme puntigliosa, attenta alla scelta di ogni vocabolo, ricca di citazioni ghiotte per il palato di ogni italianista degno di questo nome, Matteo Marchesini ci consegna una bella storia, intessuta della dolcezza amara di un primo amore che ritorna (e le cose non vanno mai come le abbiamo immaginate). Una storia vera come la pioggia battente di una sera d'estate, pungente come un romanzo in cui la fine è soltanto un nuovo inizio.
"A un certo punto, senza accorgertene, hai trentatré anni. E non puoi neanche dire di non aver raggiunto, almeno in parte, ciò che volevi. Fai un lavoro che non ha orari e quasi non ha gesti, asettico, ripulito da ogni sgradevole contatto umano. Non ricordi nemmeno più quando ha preso piede in te questa necessità di limare, escludere, cancellare tutto: rapporti, viaggi,imprevisti quotidiani. Sai solo che ora che hai quasi raggiunto l'obiettivo, lisciato ogni contorno, pareggiato ogni asperità, non ricordi più perché l'hai fatto."
(Incipit)
"A un certo punto, senza accorgertene, hai trentatré anni. E non puoi neanche dire di non aver raggiunto, almeno in parte, ciò che volevi. Fai un lavoro che non ha orari e quasi non ha gesti, asettico, ripulito da ogni sgradevole contatto umano. Non ricordi nemmeno più quando ha preso piede in te questa necessità di limare, escludere, cancellare tutto: rapporti, viaggi,imprevisti quotidiani. Sai solo che ora che hai quasi raggiunto l'obiettivo, lisciato ogni contorno, pareggiato ogni asperità, non ricordi più perché l'hai fatto."
(Incipit)
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