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mercoledì 18 settembre 2013

Lettera ultima


Immaginate che gli occhi dei personaggi sulla copertina stiano fissando il corpo esanime di una giovane ragazza, caduta (accidentalmente?) dalla finestra del suo appartamento una domenica mattina come tante. 
I suoi vicini accorrono e non sono molto sorpresi dell'accaduto, anzi, sono ben decisi a punire i colpevoli. Già, perché grazie a un processo organizzato con tanto di prigione, scosse elettriche, testimonianze, avvocati di difesa e accusa, i colpevoli saranno assicurati alla giustizia. In un mondo di caos e perdizione esiste ancora un luogo dove la legge viene fatta rispettare e si paga con la morte per una colpa spregevole come l'uccisione di una figlia. E il confine tra la giustizia e la vendetta, la tortura e la punizione è sottile tanto quanto quello tra un amore filiale e una sentimento incestuoso. Il narratore parte da un protagonista obeso che sceglie di cambiare vita e subire un'operazione drastica per conquistare l'amore dell'unica donna con la quale si è sentito vivo. Eppure quando si risveglia lei non c'è più. Uno sforzo vano? Un cambiamento inutile? 
La scrittura di Giorgio Todde è affilata e tagliente, scardina ogni certezza sull'umano sentire per confondere punti di vista e saldi princìpi. E certo in bocca rimane la profonda amarezza di un'umanità becera, disposta a sacrificare tutto in nome di una giustizia vuota e sorda, che garantisca il "naturale" procedere delle cose. 

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