mercoledì 10 aprile 2013

Le affinità alchemiche

Come spesso mi accade, sono stata catturata dalla perfezione assoluta di questo titolo. E dopo aver letto tutto il libro ne sono ancora più convinta, si tratta quasi di un'illuminazione. Accostato poi a una delle meravigliose copertine fotografiche a cui la Mondadori ci ha abituati, rasenta l'idillio. No, non sto esagerando, e adesso arriva il bello. Questo libro, inutile girarci intorno, tratta di un tema scabroso e scottante ancor più dell'età adolescenziale dei suoi protagonisti. L'incesto è un tabù etico e sociale, lo sappiamo bene, ma la letteratura ne ha trattato a partire da Edipo perciò non dovremmo scandalizzarci più di tanto se ruotando attorno a questo tema si riescono a riempire più di 350 pagine. Già, ruotando attorno al tema, perché Gaia Coltorti non riesce ad andare a fondo. Non voglio imputare ciò alla sua pur giovane età (vent'anni), né al fatto che si tratti di un'esordiente (come ha fatto notare Viola Di Grado una a vent'anni può aver già scritto venti libri anche se pubblica soltanto il primo. Pienamente d'accordo). Però la sensazione è quella di lanciare il sasso e togliere la mano: al di là degli espliciti (perché non solo velati?) riferimenti al Romeo and Juliet di Shakespeare (dall'amore struggente e proibito, allo sfondo di Verona), oltre alla commovente e melensa storia d'amore non si riesce ad arrivare. E allora la domanda è: perché scegliere di parlare di incesto senza poi oltrepassare la superficie e sviscerare la conflittualità dei sentimenti, gli scontri con il mondo esterno, la patina di perfezione di un amore che in realtà è fragile come una bolla di sapone pronta a scoppiare? Voi direte, bé, si è scelto di trattarne in modo leggero perché i protagonisti sono giovani. No, non voglio pensare che il progetto fosse quello di un romanzetto di costume e l'età dei protagonisti non può giustificare una trattazione così effimera. Oltretutto non sorretta per nulla dalla tela della scrittura che presenta notevoli buchi strutturali, si lascia trascinare da slang giovanili che però accostati a termini altisonanti e a citazioni classiche perdono del tutto mordente. 
Come i lettori sanno non pubblico quasi mai recensioni negative, piuttosto non parlo di un libro che non mi è piaciuto. Ma credo che questa volta, per onestà intellettuale, debba dire la mia. Poi ai lettori è sempre concesso lo spazio per replicare e rispondere in tutta libertà. Largo alle vostre sentenze, dunque.

 

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