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venerdì 10 gennaio 2014

La traduttrice


Questo romanzo prende il via sulle tracce blu della tintura per capelli che Aaliya, settantadue anni, si sta applicando nel piccolo bagno di casa sua. Affacciandosi ad uno specchio di fronte al quale si riflette tutta una vita, Aaliya intraprende un lungo dialogo con il lettore. Proprio come se fosse di fronte a lei e potesse leggere nei suoi occhi gli anni trascorsi, la storia del Libano e delle persone che la protagonista ha amato. Come se dietro quello specchio ci fosse proprio lui, il lettore, come se le distanze si affievolissero al punto tale da ritrovarsi uno di fronte all'altra. La scrittura si confonde con l'ascolto, la narrazione con il dialogo puro, ma dobbiamo aggiungere ancora un elemento per inquadrare del tutto il nuovo romanzo di Rabih Alameddine: la liricità. E non si tratta soltanto delle citazioni coltissime che sostengono come puntali la struttura della storia, ma di un modo di scrivere che ricorda le pennellate degli impressionisti, i vertici della poesia del secondo Novecento. Ecco, qualcosa abbiamo detto. Certo, il minimo per stuzzicare la curiosità di chi non si lascerà spaventare da un racconto un po' statico ma di grande eleganza, dal gusto del tè rosso bollente, rigorosamente in foglie.

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